domenica 24 novembre 2013

Napoli-Parma: il commento

L'Italia, alias né Spagna e né Inghilterra. In una accezione geografico-calcistica, ecco le difficoltà del Napoli visto ieri sera contro il Parma. Il peggior Napoli della stagione contro un Parma organizzatissimo in difesa e pronto a ripartire, come nella miglior tradizione italiana.

Il sorprendente risultato finale è meritato, giustissimo: Donadoni ha dato scacco matto a Benitez lasciando sguarnito il centro dell'attacco, togliendo punti di riferimento offensivi e confidando nella capacità di Cassano di portarsi via almeno due uomini. Lo spazio lasciato agli inserimenti dei vari Sansone, Biabiany e Parolo ha fatto in modo, sin dai primissimi minuti, che ad ogni ripartenza parmense il Napoli desse l'impressione di essere pronto a capitolare. Dall'altra parte del campo, invece, sensazioni antitetiche, diametralmente opposte. Gli azzurri facevano una fatica infernale già solo a superare il centrocampo di Donadoni, figurarsi la difesa. Doppia mandata nella serratura difensiva, velocità e corsa le armi nelle controffensive orchestrate dal piede educato di Cassano. In due frasi semplici, la disfatta azzurra.

La prima sconfitta allarmante della gestione Benitez sottolinea il limite principale del tecnico spagnolo. Non tanto l'integralismo sul modulo, quanto la necessità che questo sistema di gioco poggi su una condizione fisica e mentale perfetta dei giocatori migliori. Pensiamoci: il Napoli ha vinto nove partite di campionato, soffrendo raramente e trovando quasi sempre la via della rete. Nelle prime giornate Hamsik, poi Higuain e Callejon a sfondare le difese con giocate di alta classe. E se questi tre, come ieri sera, non rendono al massimo? Se incappano in una serata storta, un po' per demeriti propri, un po' fisiologicamente e un po' per la perfetta organizzazione degli avversari? Luce spenta, sconfitta ineluttabile. Ecco il grande problema del Napoli, il problema di Benitez nell'approcciarsi al calcio italiano. I guai cominciano quando i grandi calciatori, per un motivo o per un altro, non riescono a spaccare la partita. Otto uomini dietro la linea della palla sono un must per il calcio italiano, e divengono insuperabili se i calciatori più forti non riescono ad esprimersi al massimo delle loro possibilità.

E qui torniamo all'inizio del pezzo: l'Italia non è la Spagna, non è l'Inghilterra. E' un paese calcisticamente infame, dove non ti viene perdonato niente e dove anche i più piccoli, Sassuolo docet, possono ingarbugliarti i pensieri e il modo di giocare. Difendersi a spada tratta non è disonorevole a queste latitudini, e se i fuoriclasse latitano e il tuo gioco sottende solo alle loro lune, tutto il gaudio fa presto a trasformarsi in lacrime. Benitez se ne era già accorto con l'Inter tre anni fa. Caro Don Rafè, fai in modo di non dovertene accorgere ancora...

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